La definizione agevolata delle liti fiscali pendenti
Continuiamo l’analisi delle novità introdotte dalla nuova pace fiscale 2019, occupandoci oggi della definizione agevolata delle controversie tributarie; uno strumento mediante il quale viene concesso al contribuente la possibilità di transare e porre fine alle controversie tributarie già instaurate con l’Agenzia delle Entrate mediante il pagamento di una somma determinata e calcolata in base a percentuali indicate dal decreto stesso.
Ma procediamo con ordine.
Quali sono le controversie che possono essere definite attraverso tale modalità?
Le controversie fiscali aventi ad oggetto atti impositivi pendenti in ogni stato e grado del giudizio innanzi alle Commissioni tributarie, compresa la Corte di Cassazione, anche a seguito di rinvio, possono essere definite con il pagamento di un importo pari al valore della lite. Tuttavia, giova evidenziare che non tutte le controversie sono “definibili”. Infatti, sono esclusi i giudizi pendenti in materia di risorse proprie e tradizionali UE, di Iva riscossa all’importazione e somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato, nonché quelli vertenti nei confronti di Amministrazioni Pubbliche quali ad esempio le Regioni, Enti locali ecc.. , Infine, è bene precisare che lo strumento in esame si riferisce, esclusivamente, alle “liti” in cui il giudizio di primo grado sia stato instaurato entro e non oltre il 24 ottobre 2018, e per le quali, con riferimento alla data di presentazione della domanda di agevolazione, il processo non si sia concluso con una pronuncia definitiva.
In che cosa consiste quindi la definizione agevolata delle liti tributarie?
Il Contribuente, qualora ricorrano i sopra evidenziati presupposti, può decidere di avvalersi di detto strumento e “far pace” con il Fisco, presentando semplicemente la domanda di definizione agevolata della lite fiscale entro il 31.05.2019, unitamente al pagamento di un importo pari al valore della controversia e cioè, del solo tributo al netto di interessi e delle eventuali sanzioni irrogate o del diverso importo determinato dall’eventuale soccombenza dell’Agenzia delle Entrate. Peraltro, è bene ricordare che il contribuente dovrà presentare autonome domande di definizione agevolata delle liti per ciascun atto impositivo impugnato.
Ma quali sono nel concreto i vantaggi dell’adesione a tale definizione agevolata?
Come accennato in apertura, la regola generale prevede che il Contribuente, aderendo allo strumento in esame, possa definire le liti con il fisco mediante il pagamento di un importo uguale al valore della controversia – che così come previsto dall’art. 12, comma II, del D.lgs. 546/1992 -, è dato dall’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate. Peraltro, nel caso in cui il ricorso sia pendente in primo grado e non vi sia stata ancora alcuna pronuncia, la controversia potrà, invece, essere definita con il pagamento del 90% del valore della lite. In deroga alla regola generale sopra esplicata, qualora l’Amministrazione finanziaria risulti soccombente, lo scenario muta ulteriormente a favore del Contribuente. Quest’ultimo, infatti, potrà chiudere la controversia tributaria a fronte del pagamento di un importo pari:
- al 40% del valore della lite, in caso di vittoria nel procedimento di primo grado;
- il 15% del valore della lite, in caso di vittoria nel giudizio di secondo grado;
- il 5% del valore della lite, se in attesa del giudizio in Cassazione, dopo aver vinto già innanzi alla Commissione Provinciale e Regionale;
Anche in tali casi, il Contribuente corrisponderà il tributo, al netto degli interessi ed eventuali sanzioni. Nel caso di soccombenza parziale tra le parti del giudizio, invece, l’importo del tributo al netto degli interessi e delle sanzioni sarà dovuto per intero per la parte di atto confermata dalla pronuncia, mentre le percentuali anzidette si applicheranno solamente alla parte dell’atto impositivo annullata Per quanto attiene, invece, alle controversie relative esclusivamente alle sanzioni il meccanismo definitorio opera in modo differente. Innanzitutto bisogna distinguere le sanzioni collegate al tributo da quelle non collegate. Per le prime, infatti, non è dovuto alcunché qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito, mentre per le seconde sarà sufficiente corrispondere una somma pari:
- al 15% del valore della controversia nel caso di soccombenza dell’Agenzia delle Entrate nell’unica sentenza o nella sentenza di primo o secondo grado emessa entro la data del 24.10.2018 ancora impugnabile, non cautelare e che sia stata pronunciata sia nel merito che sull’ammissibilità;
- al 40% del valore della controversia negli altri casi.
In queste controversie la definizione non opera sul tributo ma sulla sanzione. In definitiva, il beneficio più importante ed evidente derivante dall’adesione alla definizione agevolata delle liti, consiste nella possibilità di evitare il pagamento degli interessi e delle sanzioni irrogati (ovvero, in caso di irrogazione di sole sanzioni nel pagamento di una sola percentuale di queste), che, com’è noto, in aggiunta ai maggiori tributi richiesti determinerebbero un importante aumento della pretesa fiscale, con evidenti ripercussioni sulle “tasche” del cittadino-contribuente.
Quali sono le modalità di pagamento dell’importo dovuto?
In tutte le ipotesi sopra indicate, qualunque sia la modalità di definizione applicabile al caso concreto, l’importo “definito” potrà essere pagato in un’unica soluzione al momento della presentazione della domanda. Diversamente qualora gli importi dovuti siano superiori ad euro 1.000, è ammesso il pagamento rateale per un massimo di 20 rate trimestrali. In questo caso la presentazione della domanda dovrà essere accompagnata dal pagamento della prima rata, mentre le successive rate – sulle quali tuttavia matureranno interessi legali – dovranno essere corrisposte entro il 31 agosto, 30 novembre, 28 febbraio e 31 maggio di ciascun anno a partire dal 2019.
Cosa succede in caso di diniego della richiesta presentata dal contribuente?
L’eventuale diniego dell’Agenzia delle Entrate alla domanda di definizione presentata, che dovrà essere notificato entro il 31.07.2020, potrà essere impugnato dal contribuente entro 60 giorni dalla notifica anzidetta innanzi all’organo presso il quale pende la controversia.
Ma quali sono gli effetti della presentazione della domanda sulle liti pendenti?
Le liti definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia esplicita richiesta depositando la relativa istanza innanzi all’organo giudicante; in tal modo il giudizio rimarrà sospeso sino al 10.06.2019, termine che potrà poi essere prorogato sino al 31.12.2010 ove il contribuente depositi entro la fine di giugno 2019 presso l’organo giurisdizionale copia della domanda di definizione del versamento degli importi dovuti o della prima rata. Inoltre, ulteriore effetto della presentazione della domanda è la sospensione per 9 mesi dei termini di impugnazione delle pronunce giurisdizionali.
In ultima analisi, questa modalità di definizione delle liti permetterà al contribuente che deciderà di aderire sia di risolvere i contenziosi aperti con l’Agenzia delle Entrate, sia di regolarizzare la propria situazione debitoria nei confronti del Fisco, mettendo comunque mano al portafoglio. Ad ogni modo, come già evidenziato negli articoli precedenti, considerata la complessità e “delicatezza” della materia, si consiglia sempre di rivolgersi ad un professionista che meglio potrà consigliarvi e guidarvi nell’utilizzo di tale strumento introdotto dalla “pace fiscale 2019”. Prossimo appuntamento al 22 febbraio per l’analisi, insieme all’Avv. Crea, delle altre rilevanti novità introdotte dalla nuova Pace Fiscale 2019.